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Luca Iaccarino

Ode a Celso, il re della piola (altroché Regina Elisabetta)

Questo non è un post, è una lettera d’amore. Per Celso e le sue figlie Elisabetta e Marina. E per i suoi nipoti. E per tutti coloro che conducono con un’allegria unica la Piola da Celso (o Piola delle sorelle, fino a qualche anno fa manco c’era un’insegna) a Torino. 

Celso, Elisabetta, Marina: noi vi si vuole un mare di bene. Incarnate la piola  – che qui a Torino sono le vecchie osterie – come nessuno. Un po’ per il vino (tanto), un po’ per il cibo – tutti i classici, insalata russa e vitello tonnato, salame cotto e crudo, peperoni e acciughe, agnolotti e tajarin, rolate e arrosti e torte di mele – ma ancor di più per il casino, la bisboccia, lo stare assieme. 

Nessuno come voi ci ricorda che l’osteria è prima di tutto dove si pasce l’animo prima ancora che la pancia. L’osteria è un antidepressivo naturale, è stare assieme e chiacchierare, volersi bene. Non esiste la “smart osteria” come lo “smart working”: l’osteria o è in presenza o non è.

Da Celso ci torno lunedì e come sempre ci sono pensionati e lavoratori, al tavolo al fondo c’è Celso – NOVANTACINQUE ANNI! – che si finisce una casseruola di gnocchi alla bava, e al tavolo accanto al mio c’è il sindaco di Torino – Stefano Lo Russo – che ha gusti popolari davvero (non è qui per cercar consensi, ma agnolotti).

Se siete di Torino, venite da Celso. Se venite a Torino, venite da Celso. Se non venite a Torino, veniteci. Da Celso x’è barbera, c’è di che sfamarsi ma soprattutto ci sono sprazzi di felicità. 

PS: se non vi fidate di me, fidatevi di Stanley Tucci, che è passato di qua. Coming soon su “Searching for Italy”.